Storia di un telaio giunto all’Aia di San Giorgio
Le storie delle cose, degli oggetti, sono identiche a quelle degli uomini.
A volte perdono il loro senso, il loro scopo nella vita; altre volte vengono considerati inadatti, fuori luogo e relegati in un angolo. Soli, in balia del tempo e di se stessi, magari convinti di non valere nulla.
Ma ogni cosa, proprio come ogni persona, ha dentro di sé un valore unico, un senso, un potenziale, un significato, un destino prezioso.
“Ognuno di noi ha, prima ancora della nascita, un ruolo, in un contesto dove potrà, in un dato momento, dare il meglio di sé”. Me lo ha detto un giorno un amico e grandissimo pasticcere italiano.
All’Aia di San Giorgio, sì, ho capito che per gli oggetti vale lo stesso magnifico destino.
L’arte del recupero dà voce a questi destini e rende giustizia unica ed assoluta anche ai “pezzi” deteriorati, svigoriti, indeboliti, considerati a lungo inutili. L’arte del recupero fa risplendere in loro quel ruolo predestinato.
Oggi assisto ad una di queste rinascite. Un vecchio telaio di ferro arrugginito, ritrovato per caso, “seppellito” in un angolo nascosto della campagna.
Un pezzo che tutti sfiorano distrattamente con lo sguardo destinandolo col pensiero alla discarica, che invece Raffaele e Lucio hanno saputo guardare con gli stessi occhi del mio amico pasticcere; un pezzo il cui destino non era l’immondezzaio e che oggi sta per cogliere quel momento in cui dare il meglio di sé.
Diventerà un’insegna in ferro arrugginito, su cui spiccheranno lettere ritagliate nel ferro su uno sfondo di caldo e profumato legno.
Un telaio che ha aspettato tanto tempo per arrivare a Vignacastrisi e che qui ora, attraverso quelle lettere, racconterà il cuore e ancora una volta un destino, questa volta quello di un luogo: “L’Aia di San Giorgio, dimora d’arte e cucina”.
Francesca Orlando